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Ancora 1

Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente.

Sigmund F.

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ma il bello non e' intrinseco
il bello e' quello che tu riesci ad apprendere nel momento in cui uno dei tuoi piccoli spiriti che abita la mente umana riesce a stringere amicizia e quindi parlare nel profondo con il piccolo elfo legato all'oggetto in questione

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Un tricheco sta applaudendo, una vecchia sdentata ride, sta seduta sulla sua poltrona di pelle usurata dal tempo, tiene in bocca una pipa, ogni tanto sbuffa, neanche fosse una locomotrice. David apre gli occhi e improvvisamente si ritrova solo, senza anima viva per strada, un sogno? Arthur si e’ appena appoggiato al letto, stringe forte il suo asciugamano, non lo lascia mai, neppure per fare l'autostop. In lontananza vedo camminare a passo svelto ma elegante Rachael, il suo occhio e’ ancora piu’ rosso del solito, devono essere quelle odiosissime piogge acide che hanno ridotto ad un invecchiamento precoce il povero JF. Mi guardo intorno, sono al centro della strada. La testa di Berlioz sta ancora rotolando per la strada, il tram, nonostante i vetri rotti ha ripreso la sua corsa perenne, senza soste, senza fine. Vagando in mezzo alle macchine che sfrecciano veloci quasi come se il telespettatore avesse aumentato la velocita’ di riproduzione. Mi guardo intorno, vedo dei cartelloni di uno spettacolo teatrale: “magia nera del forestiero Woland” cose molto sataniche devono essere. Vedo una bimba rincora, altri coetanei le stanno lanciando dei sassi, vogliono rincorrerla. Lei fugge. Nella mano sinistra, con tutta la sua forza, tiene stretta la zampa del suo piu’ caro orsacchiotto, un coniglietto rosa, quello che Hitler cerco’ di rubarle ma non vi riusci’. Senza accorgermene arrivo in periferia, c'e’ un giovane ragazzo che fa le capriole e la ruota sopra la staccionata. Mi fermo a guardare. Dalla finestra della casa di fronte noto lo sguardo sfuggevole di una bimba, quasi ragazzina che lo fissa, affascinata dallo spettacolino messo su dal giovane. Passa una scimmietta correndo a quattro zampe, porta con se un mazzo di chiavi. Vedo un gatto nero, sale sopra il tram e fa il biglietto, un giovane lo sta rincorrendo, in mutandoni a righe, scalzo. Evidentemente preso da un'irrefrenabile senso di conoscenza della verita’. Provo ad inseguire questa scena, non ci riessco, scompaiono nel nulla. Mi ritrovo in un vicolo ceco, chiudo gli occhi per un solo istante. Cassetti, file, colonne, muri di soli cassetti. C'e’ poca luce, dove sono? Sembra un archivio…mi sono perso. Perso nella mia mente.

perso nella mia mente

Alcune volte la paura del fare ci spaventa, ci blocca. Pensiamo ad una cosa, vogliamo profondamente farla, ma quando ci avviciniamo, ci arrestiamo, siamo sul procinto, ci fermiamo. Alt! da qui non passi. Oltre al punto dove sei arrivato non vai. Perché mai? Perché proprio la nostra mente che ha generato e maturato quell'idea ci impedisce , si autoimpedisce di concretizzarla? Questa cosa è strana. Il riflettere fa male. Quando pensiamo a qualcosa dovremmo applicarla alla realtà, senza indugio ma soprattutto con una continuità estrema, quasi maniacale. Perché l'artista è considerato un pazzo? Perché non rispetta i canoni imposti dalla società. Prendi o anima spersa le redini della tua vista, agisci, batti un colpo, finché la fiamma arde dentro il tuo corpo. Il tuo spirito reclama la sua libertà, la piena materializzazione del mondo. Cogli l'attimo, cerca di vivere ora. Apriti alle tue idee perché solo queste ti proietteranno nell'eterno.

proiezione

DOVE FINIRO'?

magari credessi ad un essere superiore! potrei chiedere a lui di illuminarmi il cammino....invece no! mi tocca litigare con il tecnico delle luci che non mi sa puntare il proiettore come si deve, con lo scenografo minimalista che non vuole neppure mettere dello scotch bianco sul palcoscenico. Poi non fosse per quello quel cretino del regista non ci fa mai provare abbastanza le scene e quindi alcune volte mi dimentico le battute o non so come muovermi in scena...per non parlare dello sceneggiatore! ti sembra il testo che mi hai dato all'altezza? cioè ma stai scherzando? ma chi mi deve stare a guardare deve sentire tutte queste stronzate? non potevo essere una comunissima persona che ha una vita media, con moglie figlioli e nipoti, un lavoro stabile un bel divano dove cenare mentre guardo la tv e perché no anche un bel giardino sul retro, un lavoro rispettabile, senza troppi colpi di genio, senza avere alcuna minima passione per l'arte, l'architettura e quant'altro abbia subito nella mia vita. Questo copione mi opprime, mi soffoca come se fosse stato la portata principale di una cena con l'assassino. Che fare ora, accendete le luci! chiudete il sipario! fate uscire il pubblico, lo spettacolo non si farà, o sì? dove finirò? si riapra il sipario, si va in scena.

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I sogni sono morti. non ci resta che tornare in vita. Non si puo' sognare qualcosa di ideale. Non si puo' immaginare la purezza. Non esiste la perfezione. La societa' ci condiziona in quello che facciamo, ogni nostra singola azione e' dettata da un condizionamento esterno. Noi ci adattiamo, ci prostriamo a questo dio. Il regista delle nostre vite. Noi al massimo possiamo cambiare un po la sceneggiatura. Ma se andassimo ad intaccare la scenografia? Se noi modifichiamo almeno in parte quello che ci circonda, cosa accadrebbe? Possiamo noi smontare un tassellino di quel mondo, del nostro mondo per cambiare gli avvenimenti? beh…credo che in questo caso la risposta sia si'. Noi abbiamo il dovere di cambiare quello che ci circonda. Ma non bisogna farci rapire dalla fantasia. Sono poche le cose che possiamo cambiare e sta alla sensibilita' di ognuno di individuarle.

I sogni sono morti. non ci resta che tornare in vita

GRAVITAZIONE

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 e più che ci penso, e più che guardo nella profondità del soffitto bianco mi accorgo dell'enorme vuoto che mi accompagna, un vuoto che pare noia, provo un senso di nausea a gravitare intorno a questo concetto senza riuscire a trovare una via di uscita. le risposte ci sono, viviamo di risposte, di affermazioni, di pensieri, quello di cui siamo carenti nella società d'oggi sono le domande, i dubbi, quella spinta che come un propulsore ci farebbe alzare di scatto, superare la barriera mentale del soffitto sopra di noi, andare oltre quel qualcosa che impedisce di comprendere a pieno quello stato d'animo. vorrei poter liberarmi da quel punto gravitazionale e muovermi nel vuoto, fluttuando in mezzo ai pensiero più disparati, vorrei navigare nei mari della mente in cerca di idee non ancora vissute. invece sono qua, a balenare, a percorrere sempre il solito cammino, obbligato, incatenato, senza alcuna speranza, senza qualsiasi forza di ribellione, e gravito intorno al mio microcosmo.

Descrizione di uno stato d’animo

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alcune volte scopri che tutto quello che pensi di aver vissuto non sia altro che un'estensione di un sogno altrui. altro non era che un ciak sbagliato di un film polacco dell'avanguardia, una solitudine incompresa. guardi l'orizzonte e ti perdi, ti giri, vedi il vecchietto mezzo addormentato sulla sdraio, il giornale svolazza come vele non cazzate di una barca alla deriva, moto perpetuo e irregolare. appare un titolo, l'Italia e la Spagna al declino, quale futuro? quale speranza? ogni cosa è un tormento, ogni cosa è una passione. Allora mi metto pancia sotto, immergo la testa nell'asciugamano e sogno, disegno quella società che non è, ma che noi tutto vogliamo che sia e che forse non vedremo mai.

“e poi arriva quel momento (che dura meno di un battiti di ali di farfalla)in cui ti accorgi che tutto il vivere è vano, una recita venuta male di una scolaresca alle prime armi. noi poveri attori accettiamo senza mai protestare ciò che un incapace regista non riesce a vivere. il quel momento cadono i riflettori, si squarcia il sipario, gli assi del palco cominciano a gravitare liberi nella scenografia. i sogni di gloria dell'improvvisato attore cadono infranti come tanti piccoli vetrini che sbrilluccicano come stelle nell'oscurità della platea. inchino a voi o spettatori.”

Attore senza vita

Attore senza speranza

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in cerca di una fuga, di una scappatoia, di un angolo buio dove potersi confondere con l'oscurita'. mi stanno inseguendo, da anni ormai, ma ora sono piu' vicini, mi braccano. la testa scoppia, i pensieri premono, vorrebbero uscire, come? sensazione di smarrimento, l'oscurita' fa solo paura. Luce, ragione, disillusione. ancora la mente, i pensieri spingono da ogni parte, c'e' una rivolta, crollano edifici. qui ci vuole dello scotch, bisogna riparare il reparabile. o che confusione, cerco risposte e trovo solo altre domande, dubbi e nuovi pensieri che non portano altro che allo smarrimento. quanto vorrei non poter pensare, vivere come una piantina dentro il suo vaso, ben voluta dalla proprietaria di casa, un po' snobbata dalla donna delle pulizie, stufa di dover sempre spazzare per terra. Cosa vuol dire vivere come scenografia del mondo e non come parte attiva? non lo so.. ma mi ritrovo sempre qua, a leggere un copione che non mi piace, immerso nelle mie domande e in cerca di una di una risposta sulla vita, l'universo e tutto quanto.

Attesa di un attimo che tarda ad arrivare

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Preghiera al dio della meccanica

alcune volte capita di ritrovarmi ad una fermata del bus, sotto la pioggia scrosciante. Sto attendendo qualcosa, la segnaletica luminosa del mezzo in arrivo sta lampeggiando. Guardo l'orologio, eppure ero sicuro che doveva passare qualcosa. Riguardo l'orologio, le lancette stanno scorrendo all'indietro, poi si fermano. La strada, i marciapiedi, i terrazzi e gli alberi sono vuoti. Nessun anima viva c'è intorno a me eppure dovrebbe essere un'ora di punta, il traffico dovrebbe essere come al solito a produrre quei gas che ormai non riusciamo più a farne a meno per la nostra esistenza. Mi risiedo, pensoso. Ma dove può essere finito quel trionfo di arancione, portatore di turisti, pendolari, pensatori, sceneggiatori improvvisati di momenti di vita quotidiana. Del resto l'autobus può essere visto come un entità che esiste indipendentemente dal mondo che lo circonda...è una macchina del tempo, un'astronave che ci permette di viaggiare nella moltitudine di pensieri e di sogni generati in secoli dalle persone e che ora rivivono in ogni singolo mattone delle nostre città. Smetto di fantasticare. Ma io che cosa sto aspettando? Perchè sono qui su questa panchina ad aspettare un bus? Può essere che non sia altro che una scusa, oppure una sensazione di qualcosa che io stia aspettando e che non riesca a capire se sta per accadere o meno. Fatto sta che sono qui, in attesa di non so che cosa, che non so quando comparirà ma che sicuramente non avrà fatto rumore quando sarà passato.

caro dio della meccanica, lo so che noi due non abbiamo mai avuto un buon rapporto, ma domani mattina io e te dovremo passare un po’ di tempo insieme… lo so lo so, progetto cose strane che difficilmente starebbero in piedi, ma se vuoi possiamo raggiungere un accordo, fammi passare l'esame e ti prometto che tadao Ando e tutti quei cubisti di architetti diverranno le mie fonti di ispirazione preferite. mai più anfore da parte mia e mai più reazioni vincolari da parte tua. nel salutarti ti auguro fili inestendibili e vincoli tutti lisci!

Il pensiero del mio pensare

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ma perchè me lo dite?

non sei la sola....mannaggia

io ho un solo sogno, un solo obiettivo, una sola idea in testa

che me la porto dietro fin da quando ho ricordi

ho sempre amato fare quello che sto studiando, io amo progettare, amo cambiare 

il pensiero dell'architettura, io voglio cambiare il modo di pensare e di vedere le cose

è difficile per me spiegare questa cosa

ma diciamo che è la parte portante di me

il mio mondo altro non è che figlio di questa idea originale

la mia architettura deve essere un'estensione di questo mio mondo

deve essere una riproduzione del mio pensiero

ma siccome le mie idee sono volubili, vivono insieme a me esse quando si 

staccano iniziano a vivere

la mia architettura altro non è che un microcosmo che inizia a vivere, 

una cellula primordiale che si evolve

ma che lo dico a fare...

ha ragione il martini...sono un sociologo

la mia architettura non si basa su uno studio morfologico

come fanno in tanti

io baso il progetto sul concetto sociale

attraverso la mia sensibilità vado a ricercare l'utile, l'inutile, 

quello che serve, le interconnessioni

gioco sui sentimenti delle persone

come se fossi un burattinaio

creo sensazioni a tavolino

cerco di far adattare la loro vita alla mia opera

cercando di rendere il "vissuto" del mio progetto un'esperienza migliore

trovo che nel tempo la biennale sia diventata sempre piu' paragonabile ad una ragazza stinfia, una di quelle che se la tirano tanto… viviamo il rapporto al momento, non c'e' piu' un filone continuo di coinvolgimento, si avvicina a te, sembra che ti prenda, ma poi appena dopo o ti accorgi che ti prendeva in giro con piccoli trucchi o che quello e' solo un momento senza un finale completo o degno di essere vissuto. Situazioni in cui resti a bocca asciutta nonostante l'entusiasmo iniziale. lei non ti abbraccia, non ti coinvolge, non ti degna di attenzioni e soprattutto e' lontana dal tuo mondo e non riesce piu' ad interagire con noi, parla una lingua sconosciuta al vento. Ma noi cerchiamo di vivere ogni momento cosi' come viene, prendiamo quella piccola gioia, o quell'idea o quel pensiero e quando dopo e' finito tutto con un lavoro certosino ricostruiamo qualcosa di compiuto. quello che rimane alla fine e' un piccolo sorriso nel sonno. gli architetti stanno ancora dormendo

Gli Architetti dormono

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Common Ground

Immaginate di entrare in una grande stanza in penombra. Ora guardatevi intorno: grandi regoli grigi in polistirolo di sezione 1m per 1m e altezza variabile (ma sempre piualti di una persona media) dominano la stanza; ciascuno e' segnato da una parola identificativa (che può essere ecomostro, quartiere zen, stadio fatiscente, palazzo multipiano in cemento armato quasi fosse un cimitero in verticale, e altro). Ora si accende un faretto che e' posizionato in alto al centro della stanza, sta illuminando un detonatore che si trova sotto di esso e riusciamo a vederlo bene grazie allo spazio lasciato fra un regolo e l'altro. Da questo detonatore partono fili, pari al numero di regoli presenti. Il loro percorso e' semplice, si avvolgono intorno come in un abbraccio mortale: ogni regolo e' accompagnato da una serie di candelotti. Ad un certo punto si vede muoversi la levetta del detonatore, un suono, un suono di bomba. A questo punto i regoli/edifici vengono tirati su da una serie di fili collegati a degli argani sul tetto. Si libera la stanza, si accendono dei faretti sulla parete opposta della stanza. Lì vi sono delle carriole cariche di alberelli da piantare, panchine da collocare, nastri di erba da piantare. Dopo qualche istante che il visitatore si rende conto di quello che sta accadendo, si accendo tutte le luci e sulle pareti trova delle immagini dei paesaggi urbani piu' belli d'italia, tratti dai nostri centri storici. E qui che la persona riesce a capire perche' questo e' uno spazio comune, perche' tutto questo era stato perso, dimenticato, abbandonato ad una fine ingloriosa. Riappropriamoci degli spazi perduti, abbattiamo le barriere prima quelle della nostra mente, poi quelle architettoniche. Questo per me e' Common Ground.

Un barattolo di pritt da 1000g, un pennello, fantasia e mal di testa. Mal di testa da troppe idee, tante quante le macchine nell'ora di punta di una qualsiasi citta'à metropolitana del mondo, con tutti i rumori che la accompagnano indisciplinato e senza alcun tipo di accordo. Rumori, clacson urla insulti rombi di motori la vecchina che non sa inserire la marcia e sgrana, lo sbadiglio del turista dentro il taxi giallo che guarda appoggiato al finestrino aperto l'ennesimo grattacielo sulla cui facciata si riflette la moltitudine quasi infinita di suoi simili, lo starnuto della cagnolina portata a passeggio nell'ora piu'ù calda della giornata del padrone ormai anziano; e intanto il pennello scivola veloce sulla carta fino ad esaurirsi. Potesse la mia mente esaurirsi come quel pennello, che una volta svuotato il barattolo si ritrova da solo e inutilizzato, in una beata pensione. Voglio che la mia testa vada in pensione, voglio che si apra quel tappo che impedisce alla vasca di traboccare, voglio un idraulico per la mia testa, voglio che le idee siano al massimo 1000g e contenute in un barattolo richiudibile in modo tale che se in un momento non ho voglia di pensare basta che stringa il tappo e la mia mente possa avere pace per quei pochi istanti. Stasera mi voglio sentire come un pennello in pensione.

Il pennello in pensione

La comodita’del materasso

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per dormire bene e fondamentale avere un materasso che si adatti alla perfezione alla nostra schiena. inoltre esso e importante perche rappresenta il mezzo con cui di solito ci trasferiamo in un mondo parallelo. quindi mi sono sempre chiesto perche’ oltre a cambiare le lenzuola regolarmente (come si lava una macchina del resto) non si faccia un regolare tagliando? e’ una cosa strana, beh se si pensa che ci permette di essere una notte a camminare per le strade di tokyo, la notte dopo ci ritroviamo in qualche luogo sperduto che non sai neppure tu come ci si faccia ad arrivare, cioe si dovrebbe danneggiare, invecchiare, prendere qualche colpo! possibile che non ci sia mai del traffico di altri materassi mentre si raggiunge tokyo? non mi vorranno mica dire che solo io faccio questi sogni? credo che il materasso essendo il nostro mezzo prediletto non vada solamente scelto per la sua comodita’, ma per quello che ci riesce a far fare durante il sogno. magari e proprio nella mancanza di comodita che e legato lincubo o nelleccessiva morbidezza. se e troppo morbido magari si finisce dentro le sabbie mobili, oppure mentre stiamo volando sopra qualche catena montuosa ci accorgiamo che stiamo cadendo e ci conficchiamo su un cucuzzolo. il materasso quindi e la nostra base di partenza, la nostra stazione, dove tanti piccoli ometti lavorano per te, sempre pronti a seguire i tuoi ordini, poi non appena lentamente stai chiudendo gli occhi li vedi, sono li, stanno preparando il tutto per farti partire. improvvisamente compare una tastiera dal materasso, digiti la destinazione e il materasso lentamente inizia a gravitare, molto piu delicatamente del letto di pomi di ottone, ma con quel fascino che e laddormentarsi nella speranza di vivere un bel sogno. scusate, ma ora il mio materasso mi reclama, la destinazione e gia impostata, gli ometti sono gia con il fazzoletto bianco in mano, il vapore esce dalle piccole ciminiere sporgenti dai lati del letto, un fischio annuncia limminente partenza, sono in partenza verso mondi sconosciuti da esplorare.

il mio destino? un po’ monotono.. mi alzero’ ogni mattina con un solo desiderio, quella poltrona immortalata in quel pezzetto di giornale ritagliato e posto nel cassetto accanto al mio letto, la poltrona in cui passero’ le mie giornate una volta che non saro’ piu’ sfruttabile dalla societa’ consumista, sempre che non mi sfrutti subito dopo anche da dopo morto dovendo pagare bara tomba e funerale. Sono molte le volte che mi chiedo perche’ anche io non mi sono iscritto direttamente all'universita’ bovina, mangi gratis, non ti muovi tutto il giorno e soprattutto non ti fanno pagare il funerale

Limportanza di essere un bovino

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